Una corretta postura lavorativa, è un argomento di fondamentale importanza, per ogni dentista e per il team che lavora con lui, fianco a fianco. Perché l’attività in studio mette a rischio la salute del professionista: dolori muscolari e scheletrici, asimmetria, dolori agli arti, sindrome del tunnel carpale sono solo alcune delle problematiche che colpiscono gli odontoiatri.
Alla base di tutto c’è sempre una postura sbagliata. Solo una posizione corretta del corpo consente un lavoro rilassato, riduce il carico statico per i muscoli, le articolazioni e i dischi intervertebrali, assicurando la circolazione sanguigna ottimale.
Una serie di misure che, per scelta oculata e documentata, l’equipe odontoiatrica deve mettere in atto continuamente, durante la giornata lavorativa, al fine di ottenere un ottimo risultato riguardo al mantenimento della propria salute. Per poter meglio descrivere tali misure partiamo dalla definizione di due concetti fondamentali inerenti al problema: posizionamento e postura.
S’intende per posizionamento il rapporto che il nostro corpo assume, durante il lavoro, riguardo ai vari strumenti operatori: riunito, poltrona operatoria, seggiolino, servo-mobili, eccetera. S’intende, invece, per postura, il settaggio del corpo in sé, cioè riguardo alle varie parti del corpo tra loro.
Le due condizioni sono strettamente interdipendenti, dato che ogni posizionamento avrà conseguenze diverse sulla postura che il corpo assume.
È, infatti, noto a tutti, come sia ben diversa la nostra postura a seconda che si lavori in piedi oppure seduti; analogamente, come la maggior o minor vicinanza di qualsiasi strumento ci obblighi ad assumere posture diverse, a seconda delle nostre misure antropometriche e delle posizioni degli strumenti operatori.
Trattando questo argomento è ormai scontato il concetto che ci si riferisca, praticamente sempre, ad un posizionamento standard, relativo al seggiolino operatorio. Infatti, ormai da decenni, è stata abbandonata la postura all’impiedi, utilizzando, invece, seggiolini, del tipo più vario, ma sempre permettendo agli operatori di lavorare in postura seduta. Questa, del lavorare seduti, è stata una modifica grandemente positiva, per risparmiare fatica durante le numerose ore di lavoro, ma non si deve supporre che questo miglioramento si traduca, automaticamente, anche in un concreto miglioramento posturale, a salvaguardia della salute relativa alle nostre strutture osteo-cartilaginee e tendinee.
Stanti tali presupposti, procediamo trattando due argomenti fondamentali, nonché tra loro strettamente correlati:
- qual è la postura migliore;
- quali sono le misure attive da applicare per difendersi da conseguenze, talora gravi, di una postura inappropriata.
Si noti che partiamo parlando di postura e non di posizionamento, dato che quest’ultimo influenza in grado minore le conseguenze della postura: in altre parole, si possono avere posture pericolose indipendentemente dal posizionamento che il corpo assume durante il lavoro.
Potrà sembrare strano che, studiando la postura, non si parta dal suggerimento di una postura ideale, migliore di ogni altra. Per quanto negli anni, e da parte di diversi autori, siano state suggerite molte posture “altamente raccomandabili”, rimane in realtà fondamentale comprendere quale sia la postura accuratamente da evitare. Questo perché, sia pur raccomandabile in astratto, qualunque postura diviene dannosa quando sia mantenuta troppo a lungo. Da qui nasce il concetto di “postura peggiore”: si tratta di quella che rimane inalterata per periodi prolungati, a partire da 8-10 minuti ininterrotti.
Da tener presente, pertanto, che, pur essendo importante evitare posture di per sé chiaramente inadeguate (torsione del collo e della spalla, eccessiva inclinazione destra o sinistra, avambracci e gomiti troppo alti), quello che rende concretamente pericolose tali posture riguarda la continuità, priva di modifiche, anche minime. Ed ecco, pertanto, il consiglio più semplice ed efficace per evitare danni artro-osteo-tendinei: variare, anche per valori minimali, ogni posizione assunta per meglio lavorare. Dicendo questo ben si comprende come non elenchiamo alcuna postura “cattiva” di per sé. Sapendo, oltretutto, che è irrealistico pensare che certe posture “cattive” possano essere sempre evitate, la raccomandazione fondamentale e realistica è una sola: che tale postura non venga mantenuta oltre gli 8-10 minuti…dopodiché la si cambia, sia pure di pochissimo.
Quali sono le misure attive da applicare per difendersi da conseguenze, talora gravi, di una postura inappropriata?
Trattando di queste misure dobbiamo riferirci, tra gli elementi pericolosi del nostro lavoro, anche a fattori molto complessi, tutti raccolti nel termine riassuntivo di “fattori stressanti”. Alla base degli stress più gravi e diffusi si trova, senza dubbio, il “fattore mentale”, ottavo tra i cosiddetti “movimenti elementari” dell’ergonomia odontoiatrica (classifica Work Factor). A sua volta questo è influenzato da co-fattori, interdipendenti tra loro: il lavoro confinato, di fronte a pazienti ansiosi o fobici, la doverosa attenzione protratta, la pericolosità di molte procedure e via elencando.
Ebbene, è ormai universamente dimostrato e accettato che la maniera migliore per compensare tutti questi elementi negativi sia l’attività fisica intra-professionale, cioè svolta al termine di ogni seduta terapeutica, tra un paziente e il successivo.
Si tratta, cioè, di attrezzare in maniera semplicissima lo studio privato, in modo che in questa sede si possano effettuare misure elementari di stretching e di attività fisica compensatoria. Alludendo allo stretching riteniamo addirittura utilissimo eseguire qualche manovra di “stiramento” davanti al paziente, in sala operatoria, sempre attenendosi agli schemi cronologici minimi di 30-60 secondi per volta, da verificare, pertanto, guardando uno degli orologi-cronometri posti in ogni sala.
Oltre al vantaggio in sé, questi stretching hanno anche quello di dimostrare al paziente come sarà anche suo dovere il praticare ogni giorno, ed anche più volte, lo stretching, insieme ad altre modeste misure di attività fisica. Va infatti sempre tenuto presente che tra i complessi suggerimenti relativi alla prevenzione, c’è anche quello, per il dentista, di darne al paziente alcuni relativi ad una prevenzione globale, per un cosiddetto “stile di vita” ottimale. A questo riguardo è bene ricordare come, lungo tutta la sua vita, ogni persona entri in contatto, almeno una volta, con un dentista, cosa che non sempre accade per un medico di qualsiasi altra specialità.